Siccome il ferro s’arruginisce senza esercizio, e l’acqua si putrefà e nel freddo s’agghiaccia, così l’ingegno sanza esercizio, si guasta
L. Da Vinci
Non fa sì gran muglia il tempestoso mare, quando il settantrionale aquilone lo ripercuote, colle schiumose onde fra Silla e Cariddi; né Stromboli o Mongibello quando le zolfure[e] fiamme, essendo rinchiuse, per forza rompendo e aprendo il gran monte, fu[l]minando per l’aria pietra, terra, insieme coll’uscita e vomitata fiamma; né quando le ‘nfocate caverne di Mongibello rendan il mal tenuto elemento, rivomitandolo e spingendolo alla sua regione con furia, cacciando innanzi qualunche ostacolo s’interpone alla sua impetuosa furia.
E tirato dalla mia bramosa voglia, vago di vedere la gran copia delle varie e strane forme fatte dalla artifiziosa natura, raggiratomi alquanto infra gli ombrosi scogli, pervenni all’entrata d’una gran caverna; dinanzi alla quale, restato alquanto stupefatto e ignorante di tal cosa, piegato le mie reni in arco, e ferma la stanca mano sopra il ginocchio e colla destra mi feci ten[ebre] alle abbassate e chiuse ciglia e spesso piegandomi in qua e in là per [ve]dere se dentro vi discernessi alcuna cosa; e questo vietatomi [per] la grande oscuri[t]à che là entro era. E stato alquanto, subito sa[l]se in me due cose, paura e desidero: paura per la minac[cian]te e scura spilonca, desidero per vedere se là entro fusse alcu[na] miracolosa cosa.
Naturalmente li omini desiderano sapere.
L. Da Vinci, L’uomo e la natura
Leonardo Da Vinci – nome che non ha bisogno di ulteriori introduzioni – ha avuto la rara capacità di essere al contempo uno dei più grandi artisti mai esistiti, ma anche scienziato, pensatore, maestro. Un caso di perfetto connubio tra scienza e arte, un genio così raro da spingere alcuni ricercatori ancora oggi alla ricerca dei suoi eredi e successori, per provare a capire se vi possa essere una qualche predisposizione genetica alla genialità e sensibilità così raffinata. In realtà, proprio nei suoi scritti, lo stesso Leonardo Da Vinci ci spiega parte di questo mistero, racchiuso in due elementi: da un lato l’estrema curiosità, il desiderio di sapere e conoscere, che può spigere il ricercatore al di là dei suoi limiti umani; dall’altro l’importanza dell’esperienza viva, quella delle cose, degli uomini, ma soprattutto della natura. Una concezione, quest’ultima, che certamente si ricollega all’influenza culturale del Rinascimento, con la sua esaltazione dell’uomo, della natura, e di un metodo di ricerca fondato sull’esperienza, ma che in Leonardo Da Vinci va ben al di là, diventando centro d’interesse della sua vita. Se quindi oggi, nonostante le innovazioni scientifiche e tecnologiche capaci di portare l’uomo al di là dei propri limiti spaziali e temporali, non assistiamo alla nascita di un altro Da Vinci – al di là delle predisposizioni innate e genetiche, di ciò che è inscritto nel nostro DNA – questo potrebbe essere dovuto alla sempre minore attenzione data all’esperienza, viva, attiva, al diretto contatto dell’uomo con la natura e con ciò che lo circonda, perché solo la natura, libera da qualsiasi artificioso filtro, con le sue bellezze incontaminate può portarci al ritorno del Bello, e con esso a un rispetto e a un’armonia con la natura intrinseca e esterna, oggi sempre più rara.