solo per un momento,
questo equilibrio
così vicino alla bellezza
Carlos de Oliveira
[A quei rari istanti di eterna bellezza… ]
Questa colonna
di sillabe più ferme,
questa fiamma
al vertice delle dune folgorante
solo per un momento,
questo equilibrio
così vicino alla bellezza,
questa poesia
anteriore
al vento.
Rotonda terra; scena che si ripete,
in te, del saluto serale: consuetudine
mia planetaria, con te e i tuoi tramonti:
trasalimento, di tegola in tegola,
del mio vivere che se ne va col tuo
trapassare, lume diurno, lento,
sul tetto davanti casa; e mio formarsi,
intanto, un petto come di colomba;
e metter piume amorose per la notte
che viene; ravvolgermi unitario
con essa: pigolìo interiore; perdita
dell’umano: divenir mio universale.
Carlo Betocchi, in Poesie del sabato (Mondadori, 1980)
Infine, sono stato abbastanza fuori, abbastanza assente, abbastanza escluso dal mondo. Tùffati nella storia del mondo o anche solo per prendere in mano una mela. Guarda! le piume là sull’acqua già sparite, guarda! le tracce di freni sull’asfalto e adesso i mozziconi di sigaretta come rotolano e come il fiume va in secca e tremano ancora solo le pozzanghere della pioggia d’oggi. Basta con il mondo dietro al mondo!
Dal film Il cielo sopra Berlino
Sì è magnifico vivere di solo spirito e giorno dopo giorno testimoniare alla gente per l’eternità soltanto ciò che è spirituale. Ma a volte la mia eterna esistenza spirituale mi pesa, e allora non vorrei più fluttuare così in eterno, vorrei sentire un peso dentro di me che mi levi quest’infinitezza legandomi in qualche modo alla terra. A ogni passo, ad ogni colpo di vento, vorrei poter dire: “Ora, ora, e ora!” e non più “da sempre, in eterno”. Per esempio, non so, sedersi al tavolo da gioco ed essere salutato, anche solo con un cenno. Ogni volta che noi abbiamo fatto qualcosa era solo per finta: ci siamo lussati l’anca facendo la lotta di notte con uno di quelli e sempre per finta, e ancora per finta abbiamo preso un pesce. Per finta ci siamo seduti a un tavolo, abbiamo bevuto e mangiato, per finta ci siamo fatti arrostire l’agnello e abbiamo chiesto il vino per finta, sotto le tende nel deserto, solo per finta. Non che io voglia generare subito un bambino o piantare un albero ma in fondo sarebbe già qualcosa ritornare a casa dopo un lungo giorno, dar da mangiare al gatto come Philip Marlowe…
Avere la febbre, le dita nere per aver letto il giornale, non entusiasmarsi solo per lo spirito, ma finalmente anche per un pranzo, per la linea di una nuca, per un orecchio, mentire, e spudoratamente, camminando sentire che le ossa camminano con te, supporre magari, invece di sapere sempre tutto…
“Ah, oh, ahi” poterlo dire finalmente, invece di “sì” e “amen”.
…e una buona volta sentire come togliersi le scarpe sotto il tavolo e così, sgranchirsi le dita dei piedi…
Sì, voglio conquistarmi una storia, trasformare quello che so dal mio sguardo senza tempo, sostenere un’occhiata dura, un breve grido, un odore acre.
Infine, sono stato abbastanza fuori, abbastanza assente, abbastanza escluso dal mondo. Tùffati nella storia del mondo o anche solo per prendere in mano una mela. Guarda! le piume là sull’acqua già sparite, guarda! le tracce di freni sull’asfalto e adesso i mozziconi di sigaretta come rotolano e come il fiume va in secca e tremano ancora solo le pozzanghere della pioggia d’oggi. Basta con il mondo dietro al mondo!
Monologo di Damiel, dal film Il cielo sopra Berlino, Wim Wenders, 1987