Segna-libro: Pier Paolo Pasolini: la tolleranza, in Lettere Luterane

pasolini

 

Ebbene: in tal senso io sono come un negro in una società razzista che ha voluto gratificarsi di uno spirito tollerante. Sono, cioè, un «tollerato».

P. P. Pasolini

 

Ebbene: in tal senso io sono come un negro in una società razzista che ha voluto gratificarsi di uno spirito tollerante. Sono, cioè, un «tollerato».
La tolleranza, sappilo, è solo e sempre puramente nominale. Non conosco un solo esempio o caso di tolleranza reale. E questo perché una «tolleranza reale» sarebbe una contraddizione in termini. Il fatto che si «tolleri» qualcuno è lo stesso che lo si «condanni» La tolleranza è anzi una forma di condanna più raffinata Infatti al «tollerato» – mettiamo al negro che abbiamo preso ad esempio – si dice di far quello che vuole, che egli ha il pieno diritto di seguire la propria natura, che il suo appartenere a una minoranza non significa affatto inferiorità eccetera eccetera. Ma la sua «diversità» – o meglio la sua «colpa di essere diverso» – resta identica sia davanti a chi abbia deciso di tollerarla, sia davanti a chi abbia deciso di condannarla. Nessuna maggioranza potrà mai abolire dalla propria coscienza il sentimento della «diversità» delle minoranze. L’avrà sempre, eternamente, fatalmente presente. Quindi – certo – il negro potrà essere negro, cioè potrà vivere liberamente la propria diversità, anche fuori – certo – dal «ghetto» fisico, materiale che, in tempi di repressione, gli era stato assegnato.
Tuttavia la figura mentale del ghetto sopravvive invincibile. Il negro sarà libero, potrà vivere nominalmente senza ostacoli la sua diversità eccetera eccetera, ma egli resterà sempre dentro un «ghetto mentale», e guai se uscirà da lì.
Egli può uscire da lì solo a patto di adottare l’angolo visuale e la mentalità di chi vive fuori dal ghetto, cioè della maggioranza.
Nessun suo sentimento, nessun suo gesto, nessuna sua parola può essere «tinta» dall’esperienza particolare che viene vissuta da chi è rinchiuso idealmente entro i limiti assegnati a una minoranza (il ghetto mentale). Egli deve rinnegare tutto se stesso, e fingere che alle sue spalle l’esperienza sia un’esperienza normale, cioè maggioritaria.

(Pier Paolo Pasolini, da Gennariello (in Lettere Luterane, 1976, Garzanti)

7 thoughts on “Segna-libro: Pier Paolo Pasolini: la tolleranza, in Lettere Luterane

  1. Franz ha detto:

    quanto ci manca!!!😞

    • Gilda ha detto:

      Sì caro Franz… e la cosa assolutamente inaccettabile è che ci si ostini ancora a non voler vedere quello che realmente ci ha lasciato. I più continuano a guardare alle sue opere (e ancor più alla sua vita) con enorme sospetto… senza però nemmeno aver mai aperto un suo libro, o almeno aver ascoltato una sola sua intervista… o film.

      • Franz ha detto:

        ahimè è ome dici… ma la domanda grave è: si accorgerebbero di Pasolini , oggi, gli ignavi non viventi che pullulano nei nostri dibattiti socio culturali? Una socità che rimuovei suoi poeti è ,per metafora, una folla di zombies

      • Gilda ha detto:

        Purtroppo la poesia ancora oggi è considerata l’ultima delle arti, soprattutto quando il poeta è in vita. Anche se da un lato quando si parla di ciò che è poetico sembra scendere una sorta di imbarazzo-remore nel parlarne, come se fosse cosa d’altri tempi, sublime e inarrivabile. Ma di fatto la poesia è ben poca cosa per i più (intendo soprattutto gli intellettuali), si tende sempre a minimizzare il contributo della poesia come forma d’arte, ma anche come mezzo comunicativo espressivo, quale lente del mondo di oggi. I più sono rimasti a Dante (che probabilmente non hanno nemmeno letto). Bisognerebbe creare (come per le opere d’arte) dei veri e propri musei della poesia. dove il verso, la poesia la singola parola trovano la loro dimensione. Ne uscirebbe un grande lavoro… inestimabile! Un mio sogno, ti confesso 🙂

      • Franz ha detto:

        e bisognerebbe sottrarla al pasticcio “pio pio” , come direbbe Gadda, dei tanti cialtroni che si autoproclamano poeti produclendo un lirismo da strapaese, senza quella lucida follia dell’esser detto che è l’invasamento che passa poi per la griglia retorica…nell’umiltà di un servizio e di una necessità inevitabile…ecco…aboliamo i premi fiera, le auto pubblicazioni ed apriamo musei di conflitto/scontro tra la parola/suono di ieri, oggi e domani…bel sogno gilda…un’orfica istanza…

  2. L'Irriverente ha detto:

    Quanto ci si inganna sulle parole! Questa è, a conti fatti, la morale di questa pagina pasoliniana: si cambiano i nomi alle cose; non cambia la sostanza ma, a quel punto, denunciarlo sembra politicamente scorretto.

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